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Eterologa in Italia: in grande aumento le coppie, i cicli e i bambini nati

Intervista al dott. Alfonso Maria Irollo, responsabile del Centro Pma Chianciano Salute di Chianciano Terme, in provincia di Siena

Crescono in maniera significativa, in base ai dati del Registro Nazionale della PMA, riferiti all’anno 2016 (ultima pubblicazione), le coppie che ricorrono alla fecondazione eterologa: l’incremento si deve al via libera dato dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 2014? 

La liberalizzazione della fecondazione eterologa, procedura che prevede la donazione di gameti, ha sicuramente dato una forte spinta al suo ricorso nel nostro Paese. Molte coppie che prima si sarebbero recate all’estero oggi si rivolgono a centri italiani. L’incremento registrato si deve, inoltre, alla possibilità di eseguire queste tecniche a costi molto vantaggiosi in strutture che erogano le prestazioni in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale e alla maggiore conoscenza delle persone.

In cosa consiste?

La fecondazione eterologa fa parte dei trattamenti di PMA di 1°, 2° e 3° livello: IUI, ICSI e FIVET. Può essere fatta ricorrendo ai gameti maschili di un donatore (liquido seminale o singolo spermatozoo), ai gameti femminili di una donatrice (ovuli), o a entrambi. In quest’ultimo caso si parla di doppia eterologa.

 

Quando può essere eseguita questa procedura?

Può essere praticata quando uno dei due partner o entrambi siano privi di gameti o la loro qualità sia così scarsa da rendere improbabile la formazione dell’embrione. Oppure in presenza di numerosi e inspiegati insuccessi, ad esempio dopo 4-5 transfer di embrioni che non esitano in una gravidanza. E ancora, se uno dei partner o entrambi sono portatori di anomalie genetiche per cui il bambino può nascere con una malattia non compatibile con la vita. In questo caso, viene data la possibilità alla coppia di ricorrere alla fecondazione eterologa in alternativa dell’analisi pre-impianto.

Quali tecniche vengono utilizzate più spesso?

In genere si preferisce puntare sulla fecondazione in vitro (ICSI e FIVET), specialmente se l’età della donna è avanzata, perché le probabilità di successo sono maggiori rispetto all’inseminazione intrauterina (IUI). Il più delle volte, però, si ricorre alla ICSI – tecnica che consiste nella microiniezione di un unico spermatozoo all’interno di un ovulo – in quanto offre maggiori garanzie di fertilizzazione.

Le probabilità di successo sono più alte ricorrendo alla ICSI rispetto alla FIVET?

Non esattamente. Ricorrendo alla ICSI, lo spermatozoo viene scelto dal biologo e non dalla natura. Potrebbe, quindi, essere morfologicamente bello ma non valido. Nella FIVET, invece, è la natura a scegliere, però non sempre si verifica l’incontro “in provetta”. L’embrione formato con la FIVET è superiore ma è più difficile che si costituisca. Quando si hanno a disposizione pochi ovociti, quindi, è preferibile ricorrere alla ICSI.

Dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità si evince che la tecnica eterologa venga scelta soprattutto in caso di infertilità fisiologica dovuta all’età della donna e non per patologie specifiche. Perché?

Dal punto di vista sociale è normale che una donna a 40 anni cerchi un figlio, d’altra parte a quest’età si verifica una caduta della qualità ovocitaria. Molte donne, quindi, dopo essersi  sottoposte ad alcuni tentativi di tecnica omologa,    invece che ripeterne altri, accettano di ricorrere all’eterologa.

Gli esiti della tecnica eterologa sono migliori rispetto alla fecondazione omologa?

Le percentuali di successo sono superiori rispetto alla fecondazione omologa perché vengono utilizzati ovociti di donne giovani, dai 20 ai 28 anni. La qualità dell’embrione quindi è in genere migliore. La fecondazione eterologa, poi, non prevede la stimolazione ovarica che comporta, non tanto un rischio aumentato di alcuni tumori come si era ipotizzato in passato, ma ritenzione idrica, quindi un’alterazione della qualità dell’endometrio, la parte dell’utero coinvolta nell’impianto. La combinazione di questi due fattori, ovociti validi e utero non stimolato, fa sì che le percentuali d’impianto siano superiori.

In che modo viene selezionato il donatore?

Nel nostro Paese, il donatore viene selezionato in base a caratteristiche somatiche – altezza, costituzione, colore degli occhi e dei capelli – e al gruppo sanguigno. Deve, inoltre, sottoporsi a una serie di esami genetici così da ridurre al massimo le possibilità di trasmissione di malattie. I paletti imposti in Italia sono molto rigidi. Gameti che verrebbero accettati in centri esteri non riescono a entrare perché non rispondono ai requisiti richiesti dalla normativa italiana. I controlli effettuati dal Centro Nazionale Trapianti sono serratissimi e garantiscono un livello di sicurezza molto alto.

Le donazioni in Italia sono aumentate dal 2014?

Il numero di donatrici in Italia è ancora molto scarso e questo dipende in primis da una mancanza di cultura della preservazione della fertilità. La volontà di salvaguardarla, al di là che ci si debba sottoporre a terapie che la possono metterla a rischio, si accompagna alla comparsa di nuove donatrici. Qualche piccolo passo avanti è stato fatto in questa direzione, ma siamo ancora all’inizio.

La mancanza di un rimborso nel nostro Paese incide sulla scarsità di donazioni?

Incide parzialmente. Le donatrici all’estero ricevono in media 500€, una cifra non poi così alta, giustificata dall’impegno di doversi sottoporre a una serie di esami, a un intervento chirurgico per l’asportazione degli ovociti e alla perdita di giornate di lavoro. Queste donne vengono ripagate anche con la possibilità di eseguire esami e conservare i propri ovociti gratuitamente. Ma a spingerle è anche la consapevolezza dell’utilità sociale del loro gesto, come avviene per i donatori di sangue. Dare troppa importanza al rimborso mortifica l’atto generoso. In mancanza di donatrici e donatori, i centri di PMA italiani ricorrono ai gameti provenienti dall’estero. Ad approvvigionarli sono banche straniere che esporta no ovociti vetrificati.

Che differenza c’è tra ovociti vetrificati e a fresco?

Pubblicazioni scientifiche di strutture in genere non europee – senza quindi secondi fini -, sottolineano che non ci sono differenze tra ovociti vetrificati e a fresco in termini di percentuali di successo. Su queste influisce invece il numero di ovociti utilizzati.

A cosa si deve la riduzione delle gravidanze gemellari e trigemine riscontrata dai dati del Registro Nazionale della PMA?

Dipende da diversi fattori. Dal fatto che i biologi oggi sono in grado di valutare meglio la qualità di un embrione e limitare il numero dei trasferimenti. Poi, dal fatto che sono aumentati i transfer di embrioni vetrificati mentre in passato, in Italia, era molto difficile produrli. In genere si trasferiscono uno o due embrioni vetrificati, non tre. Comunque è un fatto che il numero dei gemelli sia calato.

I dati mostrano che solo un quarto dei centri di 2° e 3° livello raggiungono i 500 cicli annuali. L’alto numero di procedure è garanzia di qualità?

L’alto numero di cicli annuali si traduce in una maggiore esperienza e sottintende una più consistente capacità d’investimento. I centri che ne eseguono meno di 500 dovrebbero associarsi perché non è sostenibile garantire un’alta qualità con un basso numero di procedure.

Come orientarsi nella scelta del centro di PMA?

Oltre al numero di cicli annuali eseguiti, è bene guardare il tipo di tecniche diagnostiche e terapeutiche che il centro è in grado di offrire e le modalità con cui viene erogato il servizio. È utile verificare, ad esempio, che vengano svolte le indagini preliminari previste dalla Legge 40 che consentono di delineare il profilo genetico della coppia. Anche la rapidità con cui viene iniziato il trattamento è un indice di qualità: se passa troppo tempo dalla fotografia iniziale delle condizioni di salute della coppia i risultati degli esami potrebbero non essere più validi. Altri elementi da tenere in conto sono la presenza di un supporto psicologico o l’accortezza di contattare i pazienti nelle diverse fasi. Le percentuali di successo dichiarate da una struttura riguardo a gravidanze avviate e nascite, invece, hanno un valore relativo perché possono dipendere da tanti fattori, ad esempio l’età della donna o le problematiche alla base dell’infertilità.

di Anna Laudati