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La fiera dei bebé tra turismo riproduttivo e un mercato milionario per le cliniche straniere

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“Con noi avrebbe l’80 per cento di probabilità di una gravidanza”, annunciava l’addetta di una clinica straniera, proponendo i servizi della sua struttura a potenziali clienti italiani al salone Wish for a baby ospitato il 20 e 21 maggio scorso a Milano. «Io ho 52 anni», osservava titubante la potenziale cliente. “Non si preoccupi, con l’ovodonazione ha le stesse chance di una ventenne”. C’era chi vantava tassi di successo ancor più elevati, chi un trattamento di ringiovanimento delle ovaie “efficace fino a 54 anni” per l’aspirante mamma in menopausa che non volesse utilizzare gameti donati.

Il Salone era una vetrina per convincere coppie infertili a viaggiare oltre i confini nazionali per coronare il desiderio di un bimbo in braccio. Quello della procreazione assistita è infatti un mercato ricchissimo, che nel 2022 in Europa ha mosso più di 900 milioni di euro. Una fetta consistente di questi profitti viene dal cosiddetto turismo riproduttivo e alcune strutture fanno ricorso a pubblicità sopra le righe e affermazioni con scarso riscontro scientifico pur di ampliare la loro clientela. Sono tanti gli italiani che si rivolgono a cliniche straniere per superare l’ostacolo dell’infertilità, circa 13.000 coppie all’anno, secondo le stime degli esperti della Società italiana di riproduzione umana, su quasi 66.000 che accedono a un percorso di procreazione assistita nel nostro Paese. Ma perché devono andare all’estero e non possono affrontare il loro problema in Italia?

Quando fu approvata nel 2004, la legge n. 40 che regola la riproduzione assistita era molto restrittiva: proibiva la fecondazione con ovociti o spermatozoi di donatori esterni alla coppia, il congelamento degli embrioni, la diagnosi di anomalie a carico dell’embrione prima dell’impianto, imponeva il trasferimento in utero simultaneo di tutti gli ovociti fecondati. “Vietava molte procedure che in altri Paesi erano consentite, limitando in alcuni casi le probabilità di successo dei trattamenti”, spiega Adolfo Allegra, ginecologo di Palermo, presidente dell’associazione scientifica Cecos Italia. “Per anni decine di migliaia di coppie italiane sono state costrette ad andare all’estero per ricevere cure adeguate”.

Nel tempo, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima buona parte di queste norme. “Ne rimangono alcune”, dice il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente uscente della Società italiana di riproduzione umana. “Per esempio, il divieto di accedere alla procreazione assistita per i singoli e le coppie omosessuali, che tuttora devono rivolgersi a strutture straniere. Inoltre in Italia non è previsto alcun rimborso per chi dona ovociti o spermatozoi, col risultato che nel nostro Paese c’è scarsità di gameti da utilizzare per la fecondazione eterologa, i centri devono reperirli all’estero e i costi dei trattamenti per i pazienti aumentano. Tanti trovano più conveniente fare tutto il percorso in un altro Paese”.

C’è poi una questione che a breve dovrebbe essere risolta. Nonostante la procreazione assistita sia stata inserita dal 2017 tra le prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, solo il 19 aprile scorso il ministero della Salute ha pubblicato la lista delle tariffe rimborsate dal Ssn per ciascun tipo di trattamento. In assenza di questo tariffario, finora ogni Regione ha deciso in autonomia i prezzi da imporre ai cittadini. Ciò ha creato una grande disomogeneità e ha spinto tante coppie a spostarsi da una Regione all’altra, allungando le liste d’attesa dei centri per la fertilità che fanno prezzi più vantaggiosi. “Prezzi alti, liste d’attesa lunghe e la prospettiva di dover comunque viaggiare per accedere alla procreazione assistita hanno favorito la concorrenza delle cliniche straniere”, spiega Guglielmino. “Il tariffario pubblicato ad aprile entrerà in vigore il primo gennaio 2024. A quel punto, i trattamenti verranno erogati al costo del ticket, lo stesso in tutto il Paese, e anche i tempi d’attesa dovrebbero uniformarsi. Verrà meno una delle principali cause del turismo riproduttivo”.

Oggi dunque accedono alla Pma solo le coppie etero sposate o conviventi (che devono esibire un’autocertificazione); invece vanno all’estero i single, le coppie omosessuali, gli aspiranti genitori che cercano prezzi più bassi e tempi d’accesso più rapidi. Un altro movente che spinge a viaggiare è la convinzione che le cliniche straniere garantiscano maggiori probabilità di successo, convinzione alimentata da pubblicità trionfalistiche.

In Italia, secondo gli ultimi dati pubblicati dal ministero della Salute, la probabilità di dare il via a una gravidanza per ogni prelievo di ovociti, che poi vengono fecondati e trasferiti in utero a più riprese, è del 31 per cento. La probabilità di avere un bimbo in braccio, cioè una gravidanza che vada a buon fine, è del 21 per cento. “Sono medie calcolate su tutte le coppie che si sottopongono ai trattamenti, senza tener conto dell’età dell’aspirante mamma”, spiega Guglielmino. “La probabilità ovviamente è ben più elevata se la donna è giovane e più bassa se è avanti con gli anni. Le performance dei centri italiani sono in linea con quelle degli altri Paesi d’Europa, quindi bisogna fare molta attenzione alle cliniche straniere che vantano tassi di successo elevatissimi senza specificare la fascia d’età, oppure riferiti a donne in età più avanzata”.

C’è poi una serie di procedure offerte da centri stranieri, ma anche da alcuni italiani, per aumentare le probabilità di riuscita. Per esempio l’analisi della mucosa uterina per determinare il momento ottimale per il trasferimento dell’embrione o le iniezioni di plasma arricchito di piastrine nelle ovaie delle donne in menopausa per ringiovanirle. “Attualmente, nessuna di queste procedure può vantare una solida base scientifica”, avverte Allegra. “Nel migliore dei casi sono ancora oggetto di studio. Di alcune è già dimostrata l’inutilità. Lo dice la letteratura medica. La Human Fertilisation and Embryology Authority britannica ha pubblicato in rete una lista di questi trattamenti che evidenzia con un semaforo giallo quelli di cui non è dimostrata l’efficacia, con un semaforo rosso quelli di cui è dimostrata l’inefficacia. Tutti gli interessati dovrebbero consultarla, all’indirizzo hfea.gov.uk/treatments/treatment-add-ons“.

FONTE ARTICOLO https://www.elle.com/

Scritto da MARIA CRISTINA VALSECCHI