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Il ministero dell’Interno ha impugnato la decisione del tribunale di Padova di confermare gli atti di nascita dei figli di due mamme

Sit-in di protesta organizzato da Famiglie arcobaleno e altre associazioni LGBTQIA+ per protestare contro la proposta di legge Varchi che vuole rendere la gestazione per altri (GPA) o maternità surrogata reato universale, Pantheon, Roma 25 luglio 2023. ANSA/FABIO FRUSTACI

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Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha presentato ricorso contro gran parte delle sentenze con cui il tribunale di Padova, il 5 marzo, aveva respinto i ricorsi presentati nel giugno del 2023 dalla procura per chiedere di cancellare oltre 30 atti di nascita di bambini e bambine figli di coppie formate da due donne. I bambini erano stati concepiti all’estero con la fecondazione eterologa (la forma di procreazione assistita che si fa con la donazione esterna di gameti, in questo caso di spermatozoi) ed erano poi stati riconosciuti in Italia come figli di entrambe le donne della coppia. La procura aveva chiesto di modificare gli atti di nascita togliendo l’indicazione della madre intenzionale (cioè quella che non li aveva partoriti) come secondo genitore, ma secondo il tribunale di Padova questi ricorsi erano inammissibili e gli atti di nascita registrati con entrambe le donne erano quindi validi.

Su richiesta di Piantedosi, la terza sezione civile della Corte d’appello di Venezia dovrà quindi nuovamente decidere se considerare validi o meno questi atti di nascita. A febbraio, in un caso simile, la Corte d’appello di Milano aveva già accolto il ricorso presentato dalla procura contro la trascrizione dell’atto di nascita dei figli di tre coppie omogenitoriali femminili nati grazie alla fecondazione eterologa, dopo che nel giugno del 2023 il tribunale di Milano aveva invece stabilito che il loro certificato di nascita non andasse modificato.

Nel caso di Milano la Corte d’appello ha quindi stabilito che dal certificato di nascita debba essere tolto il nome della madre intenzionale, cioè appunto quella che non ha portato avanti la gravidanza (quella che l’ha fatto invece è definita madre biologica). La sentenza si basa sulla legislazione attuale e su sentenze simili emesse in passato, che stabiliscono che una persona non possa risultare all’anagrafe figlia di due genitori dello stesso sesso. La procura però ha anche sottolineato la necessità di un intervento legislativo che bilanci adeguatamente «i diritti dei soggetti coinvolti… ivi inclusi quelli del nascituro».

FONTE IL POST