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Fede, sovversione, dissidenza: Dio è per tutti, tutte e tutt*, perché la Chiesa non lo è?

La difficoltà di sentirsi abbracciate, abbracciati, dalla Chiesa quando si è queer, trans, femministe e femministi: torniamo sul tema seguendo le orme illuminate di Michela Murgia.
Con il libro God Save the Queer. Catechismo femminista Michela Murgia rifletteva, nel 2022, sul rapporto tra femminismo, identità queer e religione – in particolare, con quella cattolica. È un libro che riprende e rielabora alcune riflessioni che Murgia aveva già toccato nei suoi interventi pubblici e nei podcast, come Morgana, e lo fa partendo da una domanda centrale: esiste un modo per essere queer e cristiani, cristiane, senza sentirsi in contraddizione? La sua risposta non è quella di un rifiuto netto del cattolicesimo, ma di un ribaltamento: la fede può essere anche uno strumento di liberazione, se reinterpretata fuori dalle logiche patriarcali che per secoli l’hanno manipolata.

voglio credere, ma la chiesa non vuole me: essere cristian*

Come fai a tenere insieme la tua fede cattolica e il tuo femminismo? È la stessa domanda che si pongono le persone credenti LGBTIAQ+ e che si pone chiunque debba fare compromessi tra la propria coscienza e i precetti dottrinari, per esempio in merito ad aborto, eutanasia, fecondazione assistita. Per rispondere è necessario capire quali aspetti della vita e della fede siano davvero in contraddizione, e soprattutto, se certi insegnamenti non siano semplicemente un’eredità storica da ridiscutere ogni giorno alla luce del Vangelo e della propria intelligenza.

Esistono collettivi di persone Lgbt+ credenti. Secondo loro non occorre che le istituzioni ecclesiastiche si pongano come intermediarie tra le persone e il loro cammino spirituale. Il che ha senso: anche Murgia sostiene che la teologia ufficiale è stata costruita da uomini cisgender, sulla carta anche eterosessuali, con l’obiettivo di rafforzare il controllo maschile su corpi e desideri. Il che non impedisce a Gesù di aver realmente vissuto, né alla cristianità di esistere. Oltretutto scavando tra le pieghe del messaggio evangelico originario, si possono trovare semi di sovversione, accoglienza e pluralità.

La rilettura queer del cristianesimo fatta da Michela Murgia invita a riconsiderare la figura di Gesù come “queer”, non in senso strettamente sessuale, ma come corpo e persona che ha rotto le norme preesistenti del suo tempo, sfidato il potere, abbracciato la marginalità. Michela Murgia lo sa bene. Lei, cattolica e queer, ha abitato una posizione scomoda, apparentemente e solo apparentemente  contraddittoria. Però è proprio da lì che ha lanciato una sfida: non cedere alla tentazione dell’ateismo solo perché le istituzioni religiose si sono fatte gendarmeria morale anziché restare il rifugio spirituale che si erano prefisse di essere quando sono nate duemila anni fa.

Perché, come lei stessa scrive, la fede non è proprietà privata del Vaticano, né copyright del maschile eterosessuale. La fede è desiderio, fiducia, relazione: un linguaggio universale che la Chiesa ha spesso tradito nella sua ossessione per l’ordine.

c’era una volta una storia d’amore

L’istituzione ecclesiastica ha escluso, patologizzato, condannato tutto ciò che usciva dai binari della norma: i corpi trans, le relazioni e la sessualità omosessuali, la sessualità femminile libera. Ha trasformato il messaggio d’amore radicale del figlio rivoluzionario di un falegname palestinese in crociata moralizzatrice, facendo della sofferenza delle donne e delle minoranze un’ideologia mediante la quale governare, assoggettare, punire e controllare. La paura di scontentare Dio in persona, di subire la sua ira e la punizione eterna, è stata usata per assoggettare e addomesticare i credenti per secoli.

Ma allora vale ancora la pena bussare a quella porta? Non sarebbe più sano ignorarla, vivere la propria spiritualità in totale autonomia, trovare il sacro in spazi meno opprimenti? Ignorare è anche cedere. È lasciare tutto il campo – simbolico e politico – a chi da secoli lo occupa per escludere. Per le persone credenti, significa rinunciare a riprendersi uno spazio che appartiene anche a loro perché Dio – o Gesù – potrebbe ancora essere un dispositivo potente e lasciarlo in mano a chi lo usa per andare contro quelle persone che Dio, Gesù, abbracciavano e sostenevano è una resa. Murgia ci regala un grande insegnamento, non ignorando mai la Chiesa.

gesù ha detto “seguitemi”, il resto è potere

L’ha interrogata, provocata, sfidata. Ha rivendicato il diritto di dire “noi”, di includersi e pronunciare una fede che non passa per la disciplina dei corpi, ma per la libertà delle anime. Una fede che pretende amore attivo, giustizia, riconoscimento. E se è vero che i luoghi della fede sono stati anche luoghi di oppressione, è altrettanto vero che possono diventare – o tornare ad essere – luoghi di liberazione. Le chiese queer che stanno nascendo in tutto il mondo, i sacerdoti che benedicono le unioni LGBTQIA+, le credenti femministe che reinterpretano le Scritture, come Murgia: tutto questo dimostra che la religione non è monolitica, ma attraversabile.

La domanda, allora, non è più se la Chiesa sia un giusto intermediario perché la risposta, a oggi, è che non lo è stata. Ma domandarsi come può diventarlo, se sufficientemente interrogata, occupata, smascherata. E se ancora non ci riuscirà, la fede saprà vivere anche altrove, nei margini, nei corpi non normati, nelle preghiere che non hanno bisogno di altari. Gesù non ha mai detto: “seguitemi in Vaticano”. Ha detto: “seguitemi”. Il resto è potere. E come ogni potere può essere decostruito.

FONTE https://www.alfemminile.com/