Il prossimo Referendum sulla giustizia di domenica 12 giugno sarà il 78esimo referendum nazionale in 76 anni di storia repubblicana, dal ’46 ad oggi. Di tutti questi, 67 sono stati abrogativi, quattro costituzionali, uno consultivo e uno istituzionale. Facciamo un ripasso su come sono andati, e cosa hanno cambiato.
Il primissimo Referendum istituzionale fu quello grazie al quale oggi viviamo in una Repubblica e non più in una monarchia. È stato il fondamentale voto del 2 giugno 1946.
Fu il primo referendum e anche l’unico a proporre, oltre alle domande con le caselle da barrare, due simboli sulle rispettive opzioni: a sinistra il volto dell’Italia turrita nell’aspetto di una giovane donna, a destra lo stemma del regno sabaudo. Fu il referendum con la percentuale di affluenza mai più raggiunta finora: l’89,1%.
Il numero maggiore è ovviamente quello che riguarda i referendum abrogativi, alcuni dei quali epocali per il nostro Paese.
Il primo fu quello sul divorzio nel 1974. Andò a votare l’87,7% dei 37,6 milioni di elettori, la seconda percentuale di affluenza di sempre. I contrari all’abolizione del divorzio vinsero con il 59% dei voti, mentre i favorevoli furono il 41%.
Altri temi cruciali riguardarono i referendum del 1981. Furono in tutto cinque, con quorum raggiunto e affluenza al 79,4%, ma nessun quesito passò. In particolare, la maggioranza dei votanti fu contro l’abolizione dell’ergastolo (77,4%) e contro nuove norme che concedessero il possesso di armi (85,9%).
Il più importante fu quello sull’aborto e sull’abrogazione della legge 194, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Approvata il 22 maggio 1978, aveva sancito il diritto di un aborto pubblico e gratuito.
Il 17 maggio 1981, gli italiani furono chiamati al voto per i due referendum abrogativi che volevano modificare la legge. Da una parte c’era la proposta del Partito Radicale (88,4%) dall’altra quella del Movimento per la vita (68%).
Entrambe chiedevano l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto, ma in senso opposto: la prima per renderne più libero il ricorso, la seconda per restringerne la liceità.
Gli italiani alle urne respinsero tutti e due i quesiti. Scelsero, invece, di preservare la legge che consentiva l’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica, nei primi 90 giorni di gestazione. La permetteva tra il quarto e il quinto mese solo per motivi di natura terapeutica. E consentiva ai medici l’obiezione di coscienza.
L’8 novembre 1987 c’è la prima vittoria del SÌ al referendum. E sono ben cinque quelli dati ai quesiti promossi dai radicali, tra i quali i più importanti riguardano il nucleare (l’incidente di Cernobyl è dell’anno prima), la responsabilità civile dei giudici e la commissione inquirente. Proprio da questa tornata referendaria ancora oggi l’Italia non ha centrali nucleari sul proprio territorio.
Il 1990 fu la volta dei referendum ambientalisti. I Verdi, infatti, sull’onda della vittoria per il nucleare, lanciarono insieme ai radicali, tre quesiti sulla caccia e l’uso dei fitofarmaci in agricoltura. Per la prima volta nella storia non si raggiunse nemmeno il quorum.
Il 12 e 13 giugno del 2005 si vota per quattro distinti quesiti in materia di procreazione medicalmente assistita (la legge 40/04). Il quorum non si raggiunge, l’80% di chi vota chiede di cancellare le proibizioni su fecondazione assistita e ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Negli anni successivi i tribunali ne cancellano tre su quattro. E così oggi in Italia è possibile praticare la fecondazione eterologa, la fecondazione di più di tre gameti e l’accesso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche.
Il referendum è il principale strumento di democrazia diretta, attraverso il quale si chiede all’elettorato di esprimersi con un voto (sì/no) su particolari proposte. Esistono diverse tipologie di referendum: istituzionale, costituzionale, abrogativo, consultivo.
Con il referendum abrogativo i cittadini sono chiamati a decidere se abrogare (abolire) o meno una legge. Prevede il raggiungimento del quorum elettorale, che significa che devono andare a votare il 50%+1 degli aventi diritto al voto.
Con il referendum costituzionale il popolo decide invece se confermare o meno una legge di revisione costituzionale già approvata dal Parlamento, ma senza la maggioranza qualificata dei due terzi. Per questo tipo di referendum, detto anche confermativo, non è previsto il quorum: indipendentemente dal numero di partecipanti, vince l’opzione che ha ricevuto il maggior numero di voti.
Il prossimo Referendum sulla giustizia di domenica 12 giugno sarà il 78esimo referendum nazionale in 76 anni di storia repubblicana, dal ’46 ad oggi. Di tutti questi, 67 sono stati abrogativi, quattro costituzionali, uno consultivo e uno istituzionale. Facciamo un ripasso su come sono andati, e cosa hanno cambiato.
Il primissimo Referendum istituzionale fu quello grazie al quale oggi viviamo in una Repubblica e non più in una monarchia. È stato il fondamentale voto del 2 giugno 1946.
Il referendum istituzionale che dette vita alla Repubblica italiana il 2 giugno 1946
Il numero maggiore è ovviamente quello che riguarda i referendum abrogativi, alcuni dei quali epocali per il nostro Paese.
Il primo fu quello sul divorzio nel 1974. Andò a votare l’87,7% dei 37,6 milioni di elettori, la seconda percentuale di affluenza di sempre. I contrari all’abolizione del divorzio vinsero con il 59% dei voti, mentre i favorevoli furono il 41%.
Il più importante fu quello sull’aborto e sull’abrogazione della legge 194, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Approvata il 22 maggio 1978, aveva sancito il diritto di un aborto pubblico e gratuito.
Il 17 maggio 1981, gli italiani furono chiamati al voto per i due referendum abrogativi che volevano modificare la legge. Da una parte c’era la proposta del Partito Radicale (88,4%) dall’altra quella del Movimento per la vita (68%).
Entrambe chiedevano l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto, ma in senso opposto: la prima per renderne più libero il ricorso, la seconda per restringerne la liceità.
Gli italiani alle urne respinsero tutti e due i quesiti. Scelsero, invece, di preservare la legge che consentiva l’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica, nei primi 90 giorni di gestazione. La permetteva tra il quarto e il quinto mese solo per motivi di natura terapeutica. E consentiva ai medici l’obiezione di coscienza.
L’8 novembre 1987 c’è la prima vittoria del SÌ al referendum. E sono ben cinque quelli dati ai quesiti promossi dai radicali, tra i quali i più importanti riguardano il nucleare (l’incidente di Cernobyl è dell’anno prima), la responsabilità civile dei giudici e la commissione inquirente. Proprio da questa tornata referendaria ancora oggi l’Italia non ha centrali nucleari sul proprio territorio.
Il 1990 fu la volta dei referendum ambientalisti. I Verdi, infatti, sull’onda della vittoria per il nucleare, lanciarono insieme ai radicali, tre quesiti sulla caccia e l’uso dei fitofarmaci in agricoltura. Per la prima volta nella storia non si raggiunse nemmeno il quorum.
Il 12 e 13 giugno del 2005 si vota per quattro distinti quesiti in materia di procreazione medicalmente assistita (la legge 40/04). Il quorum non si raggiunge, l’80% di chi vota chiede di cancellare le proibizioni su fecondazione assistita e ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Negli anni successivi i tribunali ne cancellano tre su quattro. E così oggi in Italia è possibile praticare la fecondazione eterologa, la fecondazione di più di tre gameti e l’accesso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche.
Per quanto riguarda i 4 “costituzionali”, si sono svolti tutti negli ultimi 21 anni, ma solo due ottennero il SÌ: quello del 2001 sulla modifica del titolo V della Costituzione e quello, nel 2021, sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Uno dei “costituzionali” più noti, è quello che ha indirettamente “fatto cadere” Matteo Renzi e determinato anche le sorti politiche di un governo. Nel 2016, infatti, quel 59,12% di NO alla riforma costituzionale Renzi-Boschi, fece dimettere l’allora giovane premier.
L’unico “consultivo” si svolse nel 1989. Riguardava il conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo ed ebbe un esito positivo.
Il referendum è il principale strumento di democrazia diretta, attraverso il quale si chiede all’elettorato di esprimersi con un voto (sì/no) su particolari proposte. Esistono diverse tipologie di referendum: istituzionale, costituzionale, abrogativo, consultivo.
Con il referendum abrogativo i cittadini sono chiamati a decidere se abrogare (abolire) o meno una legge. Prevede il raggiungimento del quorum elettorale, che significa che devono andare a votare il 50%+1 degli aventi diritto al voto.
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