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Sarò mamma, su Netflix una serie coraggiosa sulla maternità: trama e recensione

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Sei mesi per rimanere incinta prima che sfumi la possibilità di diventare madre. Josephine Park è Nana, la protagonista di Sarò mamma (Skruk)serie danese disponibile su Netflix, che affronta il tema della maternità sotto una nuova luce. Ha 37 anni, lavora come ecografista in un centro specializzato nella fecondazione assistita e non ha mai immaginato la sua vita con un figlio.

La trama di Sarò mamma (Skruk)

Le sue certezze vacillano quando, testando un nuovo macchinario, scopre casualmente di avere ancora a disposizione 5, massimo 6 cicli mestruali. «Non immaginavo che la mia scadenza fosse così vicina», confida alla collega e amica Simone (Olivia Joof). In quel momento, le domande corrono veloci e la risposta è laconica: «Non lo so se mi sento pronta», dice, «non ho mai pensato di avere un figlio da sola».

Nel mentre, incontra casualmente Mathias (Simon Sears), il suo ex fidanzato rientrato a Copenhagen da poco, nonché donatore alla banca del seme. La scoperta delle proprie condizioni biologiche insieme alla confessione di Mathias hanno l’effetto di un’epifania. La clessidra sta per consumare l’ultimo granello, Nana sente il tempo stringere e quello ‘skunk’, quel desiderio di avere un figlio, inizia a farsi sentire, fino adiventare un pensiero fisso. Rimette, così, tutto in discussione, in particolare la scelta di votarsi al lavoro, con la conseguenza di una vita sentimentale disastrata, se non addirittura inesistente. Quanto basta ad azzardare una mossa del tutto inaspettata.

Una sera, dopo aver bevuto troppo insieme a Simone, si intrufola nel laboratorio e si inietta una dose di sperma, appartenente proprio a Mathias. Sarà l’inizio di una lunga serie di bugie e di dubbi, che rischieranno di compromettere la posizione di Nana sia sul lavoro sia sul piano personale. La donna, infatti rischia di perdere tutto su qualsiasi fronte, ma le circostanze la aiuteranno a conoscersi, forse per la prima volta, e ad affrontare anche il rapporto difficile con la madre. In definitiva, a crescere.

Recensione di Sarò mamma

Sarò mamma è una serie che ben fotografa la realtà. Affronta il tema della maternità in tutte le sue sfaccettature. Vi è la coppia insieme da anni, quella insieme da poco; ci sono gli amici che si sostengono a vicenda per realizzare il sogno reciproco o solo quello dell’altro, così come la sorella che dona i propri ovuli all’altra. Ogni storia è a sé, ma tutti coloro i quali si rivolgono alla clinica sono mossi da un unico intento: mettere al mondo dei figli.

Nana incarna il prototipo della donna in carriera, troppo concentrata sul lavoro per lasciarsi andare all’amore. Forse nell’intento di rifuggire le domande a cui non sa o non vuole rispondere. Quando la sua vita cambia, però, improvvisamente deve fare i conti con una nuova sé e anche con una nuova prospettiva. Sarà in grado di affrontare le conseguenze del suo gesto avventato, oltre che illegale?

Guardando i 6 episodi di Sarò mamma, una domanda sorge spontanea: cosa si è disposti a fare pur di avere un figlio? Un tema universale, che i 6 episodi sviscerano attraverso la storia della protagonista – trentenne in carriera che Netflix racconta spesso nei propri titoli – e quella di chi si rivolge alla clinica, ma senza fornire risposte né giudizi.

In definitiva, è un interessante quadro su un tema molto delicato, raccontato in modo crudo, senza fronzoli, ma con i toni giusti. L’assenza di giudizio, poi, fa sì che lo spettatore possa formulare il proprio senza condizionamenti esterni. Una scelta onesta nei confronti di uno dei temi più dibattuti oggigiorno, troppo spesso utilizzato per prestare il fianco a discriminazioni e ripercussioni.

In Sarò mamma, invece, la maternità è solo fonte di arricchimento. Non ci sono datori di lavoro in crisi per il congedo né medici obiettori di coscienza o personaggi scandalizzati dalle famiglie omogenitoriali. Certo, in questo aiuta l’ambientazione, la progredita Danimarca. In effetti, immaginare la stessa serie ambientata in Italia sembra pura utopia, ma mai dire mai.

Photo credits: Tine Harding/Netflix 

SCRITTO DA  ALICE PENZAVALLI
ARTICOLO PUBBLICATO SU https://www.apmagazine.it/