Dalla procreazione assistita alle ultime cure anti-tumori: ecco le nuove cure gratis o con il ticket
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Sono passati esattamente vent’anni dall’approvazione della famosa – e altrettanto controversa – Legge 40/2004 che regola la Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) nel nostro Paese. Vent’anni nel corso dei quali più di 217 mila bambini sono nati in Italia grazie a tecniche di fecondazione assistita, omologa e/o eterologa (che sì, dal 2014 è legale anche da noi). In caso di omologa, spermatozoi e ovociti appartengono alla coppia che accede ai trattamenti; nell’eterologa, invece, si opta per la donazione di uno o di entrambi i gameti, a seconda delle condizioni di infertilità e dell’età dei pazienti, in particolare della donna.
Eppure, anche se una coppia su cinque, in Italia, si calcola abbia problemi di fertilità e tenti di accedere a questi trattamenti, (quasi) nessuno lo dice, in pochi ne parlano, e l’unica cosa che in questi vent’anni non è cambiata è che la Pma venga considerata ancora un tabù.
Per sfatare un po’ di (falsi) miti sull’argomento, fare un po’ di chiarezza e provare ad aiutare le persone che vogliono beneficiare di questa opportunità (ma non solo loro, certi temi etici riguardano un po’ tutti), ho scritto un libro appena uscito per Mimesis dal titolo Come nascono (davvero) i bambini oggi. Viaggio alla scoperta della procreazione medicalmente assistita (250 pagg., 18 euro), che presenterò il 5 dicembre alle 17 alla Fiera Più Libri Più Liberi di Roma. Dentro si parla anche della discussissima GPA/Gestazione per altri, un’estensione della procreazione assistita – da poco diventata “reato universale” nel nostro Paese – in cui chi vuole avere un figlio ma per svariati motivi non può portare avanti la gravidanza si rivolge a una donna “gestante” che lo faccia al posto suo, senza che questa abbia necessariamente un legame biologico col futuro nascituro e, soprattutto, senza che sia necessariamente pagata per farlo (perché sì, c’è chi lo fa e lo farebbe anche gratis, solo per generosità, come racconto nel libro).
La situazione italiana, paragonata a quella degli altri paesi
Ma poiché (ne)anche a livello istituzionale si è mai fatto molto per migliorare la situazione e comunicare al meglio la Pma (anzi!) – con buona pace della tanto sbandierata lotta alla denatalità nel nostro Paese – un circolo “omertoso” che si autoalimenta rende difficoltoso anche solo sapere se e che cosa si potrebbe o non fare, come quanto e/o dove.
Ormai, (almeno) a livello normativo, quasi tutto è possibile e accessibile, anche da noi. Tutto, ma non per tutti. Se, infatti, nel corso di questi vent’anni la nostra giurisdizione è arrivata a contemplare (quasi) ogni forma e procedimento di Pma possibile – non era così all’inizio, come vedremo –, continua ancora oggi a escludere dall’accesso donne per sopraggiunti limiti di età (quarantasei anni sarà il limite in tutta Italia da gennaio, quando la Pma rientrerà finalmente nei Livelli Essenziali di Assistenza previsti dal Sistema Sanitario Nazionale); donne single e/o lesbiche, oltre che gli uomini gay. Non è così all’estero, dove, a seconda del Paese, differenti normative abbracciano o meno anche le donne âgé (in Finlandia, Paesi Bassi, Spagna ed Estonia il limite è cinquant’anni, mentre nel Regno Unito addirittura un limite non c’è), donne single, lesbiche e gli omosessuali, tramite la GPA. Il limite anagrafico, da noi, si applica solo ai centri pubblici o convenzionati, mentre privatamente la procedura può essere eseguita anche oltre l’età massima, valutando però accuratamente i rischi di una gravidanza in tarda età.
Da noi non è consentita neppure l’adozione e la donazione di embrioni già fecondati – che invece è permessa in Spagna, Grecia, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca e Gran Bretagna – e, dunque, nonostante i passi avanti, l’Italia resta comunque confinata nella lista dei Paesi con più restrizioni rispetto alla Pma.
La storia della Legge 40
Entrò ufficialmente in vigore il 10 marzo 2004, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e venne poi sottoposta a referendum abrogativo l’anno successivo (il 12 e 13 giugno 2005). Quattro furono i quesiti referendari di abrogazione parziale che furono ammessi – dopo essere stati promossi da un’ampia coalizione composta da Radicali italiani, associazione Luca Coscioni, Democratici di sinistra, ecc… – e che miravano a eliminare alcuni dei divieti più “limitanti” imposti dalla legge. In particolare, i quesiti chiedevano di: abolire il divieto di ricerca sugli embrioni (1° quesito); cancellare le norme sul divieto all’accesso alla Pma, per garantire la fecondazione assistita non solo alle coppie sterili ma anche a quelle affette da patologie geneticamente trasmissibili (2° quesito); eliminare il divieto di produzione di più di tre embrioni e obbligo di unico e contemporaneo trasferimento in utero (3° quesito); abrogare il divieto di fecondazione eterologa (4° quesito).
Per effetto, anche, dell’intensa campagna pro-astensionismo promossa dalla Chiesa cattolica nelle settimane precedenti, il referendum non raggiunse il quorum e non passò, ma le persone che andarono a votare lo fecero in maggioranza contro la Legge 40. Tuttavia, “a causa dei divieti presenti nella norma si arrivò subito all’esame dei tribunali perché, già dal 2005, tante coppie italiane iniziarono a scontrarsi con limitazioni che non avevano alcun fondamento, né scientifico né giuridico”, ha ricordato durante un nostro incontro Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni, da anni in prima linea proprio per abolire i divieti contenuti nella Legge 40/2004. Di fatto, in questi anni, le sentenze di tribunali e Corte costituzionale hanno smantellato (ben) tre dei divieti ancora contenuti nella Legge 40, dichiarandoli illegittimi “in base al fatto che la nostra Costituzione riconosce a tutti il diritto all’autodeterminazione e all’uguaglianza (art. 2 e 3), alla libertà personale inviolabile (art. 13), alla salute (art. 32) e ad avere una famiglia (art. 29)”, mi ha spiegato Gallo.
Nel 2016 la Corte è ritornata anche sull’ultimo quesito referendario rimasto per così dire “in sospeso”, ossia quello relativo alla donazione alla ricerca scientifica di embrioni non idonei per una gravidanza. La Consulta ha dichiarato quel procedimento inammissibile, ma ha invitato il Parlamento a intervenire. In questi anni, però, il Parlamento non ha mai sentito la necessità di modificare la legge. Anzi. L’attuale maggioranza ha persino introdotto un nuovo divieto, che configura reato “universale” il ricorso a tecniche di gestazione per altri all’estero.
Sebbene, quindi, il testo della Legge 40 sia rimasto invariato dal 2004 a oggi, la sua applicazione è stata radicalmente modificata dalle sentenze. Gli unici divieti che permangono sono quello alla fecondazione post mortem (per legge possono accedere alle tecniche di Pmasolo coppie formate da membri che siano entrambi viventi, anche se, essendo la norma poco chiara, uno dei partner potrebbe morire anche dopo che l’embrione è stato fecondato); l’utilizzo degli embrioni per la ricerca scientifica e/o l’embriodonazione; l’accesso alla Pma per le persone dello stesso sesso e per le donne single; la gravidanza per altri tramite Pma.
Nonostante le maglie della legge si siano in questi anni (in parte) allargate, la confusione legislativa e normativa che ha regnato per tutto questo tempo non ha favorito la “strutturazione” e l’organizzazione dei vari processi e procedimenti sul territorio – specialmente quelli legati alla fecondazione eterologa, come la donazione di gameti e la pratica dell’egg freezing, cioè del congelamento dei propri ovuli al fine di procrastinare una gravidanza – ed è questo il motivo per cui, ancora oggi, circa tredicimila coppie di italiani si rivolgono ogni anno all’estero per coltivare il sogno di diventare genitori. Anche coloro che, in base alla legge, potrebbero farlo qui da noi.
FONTE https://www.wired.it/