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Vuoto normativo sulla procreazione assistita, negati diritti a chi vuole un figlio

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I sistemi per aiutare le coppie ad avere figli hanno fatto passi avanti dal punto di vista scientifico ma di certo, almeno nel nostro Paese, non dal punto di vista normativo

Una nuova inchiesta di Altreconomia getta una luce triste sui sogni di tante coppie che vorrebbero mettere al mondo un figlio e che invece, per condizioni mediche pregresse, non potrebbero senza ricorrere alla procreazione medicalmente assistita. E, come per moltissime altre storture che ancora piegano il rapporto tra cittadini e sanità, per risolvere al meglio tante situazioni delicate sarebbe bastato approvare un decreto.

Perché, come spiega bene il professor Giacomo D’Amico, docente di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Messina nonché Presidente dell’Associazione Hera di Catania, già nel 2017 “le procedure per la procreazione medicalmente assistita sono state inserite nei livelli essenziali di assistenza” ma rientrare tra i cosiddetti Lea non ha creato un automatismo per cui in tutti i sistemi sanitari regionali queste prestazioni mediche venissero erogate in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

Per far sì che le procedure che potrebbero permettere alle coppie che desiderano avere un figlio attraverso la procreazione medicalmente assistita venissero erogate da tutti i sistemi sanitari regionali allo stesso modo ci sarebbe infatti dovuto essere un decreto per fissare le tariffe delle singole prestazioni.

Un decreto che non sta arrivando e questa mancanza ha portato le regioni a decidere in modo completamente autonomo e, soprattutto, in base alle proprie disponibilità economiche. Si è venuto così a creare un ennesimo divario, in particolare tra le regioni in cui il sistema sanitario può effettivamente sostenere buona parte delle spese necessarie per questa procedura medica e quindi trasformarla in un servizio alla portata di tutte le famiglie e quelle regioni dove invece cercare di avere un bambino rimane un lusso per pochi, anzi per pochissimi.

Nell’inchiesta di Altreconomia viene per esempio riportata la storia di una coppia siciliana che si è vista richiedere, dal servizio sanitario regionale, tremila euro circa solo per la procedura medica e che ha scoperto sulla propria pelle che avesse potuto invece abitare in Lombardia avrebbe pagato solo 36 euro.

La situazione della sanità siciliana è poi particolarmente complessa, dato che proprio la regione Sicilia a maggio di quest’anno ha emanato una circolare con cui si chiarisce che è stato disposto un blocco alle compensazioni interregionali.

Questo significa che la regione non ha più intenzione di rimborsare queste prestazioni mediche che i cittadini effettuano in altre regioni. Al momento quello che viene comunemente definito decreto tariffe è fermo in Conferenza Stato Regioni e potrebbe addirittura non essere mai approvato, continuando così ad approfondire la voragine normativa e assistenziale che tante famiglie si trovano davanti nel momento in cui decidono di iniziare un percorso di fecondazione assistita.