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26 Febbraio 2021Gli embrioni considerati “abbandonati” lasciati nei centri di procreazione assistita sono moltissimi in Italia, ma non possono essere utilizzati in nessun modo. Manca ancora una legge che ne regolamenti l’uso e li renda disponibili per la ricerca scientifica
Gli embrioni considerati “abbandonati” lasciati nei centri di procreazione assistita sono moltissimi in Italia, ma non possono essere utilizzati in nessun modo. Manca ancora una legge che ne regolamenti l’uso e li renda disponibili per la ricerca scientifica
Si chiama Molly Gibson ed è la bimba nata ad ottobre scorso negli Stati Uniti grazie all’adozione di un embrione da parte di una coppia infertile. I signori Gibson, infatti, dopo aver sperimentato le loro difficoltà procreative, decidono di rivolgersi ad una onlus cristiana, la Nedc (National Embryo Donation Center), che conserva gli embrioni congelati, donati da coppie che seguono un percorso di procreazione assistita e che alla fine decidono di non utilizzare.
Avere un figlio grazie a un embrione “abbandonato”? Non in Italia
In Italia tutto questo, ad oggi, non sarebbe possibile: parlare di “abbandono” di embrioni e quindi di successiva possibilità di “adozione” è infatti fuorviante, oltre che non previsto dalla legge. Si può adottare un bambino abbandonato, un bambino nato, ma non un embrione. Contrariamente a quanto accade negli Stati Uniti, il nostro codice civile, infatti, non riconosce l’entità “embrione” e stabilisce che “la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”.
Embrioni abbandonati
Eppure nel nostro Paese sono circa 2527 gli embrioni considerati “abbandonati” e lasciati nei centri di procreazione assistita. Un decreto ministeriale del 2004, infatti, individuava due diverse tipologie di embrioni crioconservati: “embrioni che sono in attesa di un futuro impianto ed embrioni per i quali sia stato accertato lo stato di abbandono”.
Che cos’è la Biobanca Nazionale
Secondo lo stesso decreto, inoltre, gli embrioni definiti in stato di abbandono dovevano essere trasferiti dai centri di procreazione medicalmente assistita solo ed esclusivamente alla Biobanca Nazionale situata presso il Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Ospedale Maggiore» di Milano, presso un centro di crioconservazione degli embrioni stessi.
Manca una legge sugli embrioni nella Biobanca
La Biobanca fu quindi attivata nel 2005, con un ingente impiego di risorse pubbliche pari a circa 450 mila euro. Un investimento enorme che però non viene utilizzato come dovrebbe: ad oggi questi embrioni sono ancora tutti crioconservati presso i centri di centri di procreazione medicalmente assistita. Perchè? Perché manca una norma che stabilisca le modalità del trasferimento dal centro alla Biobanca e che determini come di fatto utilizzarli.
Quale sarebbe quindi l’uso consentito in Italia per questo tipo di embrioni? Abbiamo già detto che l’adozione, come quella avvenuta per la nascita della piccola Molly negli USA, è impossibile. Anche la donazione a coppie sterili non è consentita, perché è necessario il consenso alla donazione da parte della coppia donatrice e anche perchè sono stati prodotti in epoca in cui non erano previste le indagini sulla coppia che li rende sicuri per una tecnica eterologa (quella in cui ovociti e spermatozoi sono esterni alla coppia).
Embrioni inutilizzati
Se quindi non sono utilizzabili a fini procreativi, possono questi embrioni almeno essere donati alla ricerca scientifica? No, perché la legge 40 del 2004 vieta la distruzione di embrioni. In Italia si può fare ricerca solo su linee staminali importate dall’estero, dove il procedimento di estrazione è avvenuto fuori dai confini del nostro Paese.
Nel 2016 la Corte Costituzionale ha invitato il Parlamento ad emanare una legge per regolamentare l’utilizzo di questi embrioni, ma ad oggi ancora nulla è stato discusso né deciso. E come sempre accade quando il Parlamento non legifera, sono i Tribunali ad essere chiamati in causa.
“Liberare” gli embrioni per la ricerca scientifica
Ed è a loro che come Associazione Luca Coscioni continueremo a rivolgerci per chiedere di poter “liberare” embrioni crioconservati e non idonei per una gravidanza, a beneficio della ricerca, come avviene in altri Paesi, dove grazie a questo tipo di studi c’è chi è in fase clinica per la cura di malattie come il Parkinson o altre patologie della vista, restituendo la luce a persone destinata al buio.
Gli embrioni potrebbero salvare vite
Ecco, in Italia le soluzioni per l’utilizzo degli embrioni “abbandonati” ci sarebbero eccome: embrioni, non idonei alla gravidanza, che potrebbero salvare vite o dare speranza a tante persone malate che attendono gli sviluppi progresso scientifico. Per aiutare la ricerca e incoraggiare la “vita” in Italia devono ancora essere fatti dei passi importanti, a partire dalla garanzia di accessibilità a tutte le tecniche di PMA su tutto il territorio nazionale, a carico del SSN senza disuguaglianze e dove il pubblico non basta dovrebbero intervenire le convenzioni con i privati.
In questo modo si potranno incentivare le nascite e nel contempo si potrà lavorare anche su prevenzione, informazione, welfare per le famiglie asili, centri di assistenza reddito per i nuovi nati, lavoro. Non è un’utopia: in altri Paesi è già realtà.
Fonte www.iodonna.it