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15 Dicembre 2022“Una solo è la madre” ha decretato la Corte, mentre in realtà una ha iniziato la gravidanza e l’altra l’ha portata a termine
Il tribunale di Arezzo ha respinto il ricorso di Luisa e Federica, coppia lesbica di Anghiari legata in unione civile, che chiedevano di essere entrambe riconosciute madri dei loro due gemelli nati a giugno. La causa era stata promossa per estendere anche a Luisa lo status di madre, non solo per Federica, quella che ha partorito i due gemellini, visto che Luisa è la “madre biologica”, il cui ovocito è stato fecondato.
La storia ha avuto inizio quando le due donne si sono rivolte a una Clinica per la procreazione assistita in Spagna e hanno avviato il percorso per diventare genitrici: Luisa si è sottoposta alla fecondazione artificiale eterologa. Poi, per motivi medici, gli embrioni sono stati trasferiti nell’utero della compagna Federica: in quel modo la gravidanza è stata più sicura ed è giunta al termine il 14 giugno scorso all’ospedale San Donato di Arezzo, dove Federica ha dato alla luce due gemelli.
L’ufficiale di Stato civile del comune di residenza della coppia si è opposto alla rettifica dell’atto di nascita con l’integrazione del cognome della madre intenzionale accanto a quello della madre partoriente. Così solo la donna che ha partorito i due bimbi è stata registrata come madre, mentre la compagna, che sarebbe la madre biologica, i cui ovociti sono stati fecondati, non può riconoscerli.
La sezione civile del tribunale aretino, tutta formata da donne, ha infatti seguito la legge 40 del 2004 (che vieta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo), sottolineando che c’è uno spazio vuoto da colmare a livello normativo che orienti le decisioni della magistratura rispetto a quanto di nuovo avviene nella società sul delicato tema della genitorialità. Come, appunto, il caso di coppie dello stesso sesso che formano famiglie, hanno figli con fecondazione assistita e chiedono il riconoscimento di uno status che la legge italiana non ammette.
Pur nella comprensione umana del caso e del “concreto rapporto genitoriale non solo intenzionale ed affettivo ma anche biologico tra i minori ed entrambe le ricorrenti”, scrivono i giudici di Arezzo, “l’esigenza di tutela dell’interesse dei minori, allo stato della legislazione vigente, non può legittimare il tribunale a sostituire le proprie valutazioni con quelle spettanti esclusivamente al legislatore”.
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