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Verona: a 21 anni si ammala di tumore, a 36 dà alla luce una bambina grazie al reimpianto del tessuto ovarico crioconservato

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Laura (il nome è di fantasia) ha 36 anni e a distanza di 15 anni da una diagnosi di cancro è riuscita a coronare il suo sogno di maternità, grazie al reimpianto del tessuto ovarico che le era stato prelevato e crioconservato prima delle terapie. A 21 anni aveva scoperto di avere il Sarcoma di Ewing, una rara neoplasia maligna che colpisce le ossa e i tessuti molli, per cui avrebbe dovuto eseguire delle chemioterapie che avrebbero irrimediabilmente annullato la sua capacità riproduttiva.

Sua figlia, venuta alla luce lo scorso febbraio con un parto spontaneo, è la prima bambina nata a Verona – e il primo caso in Veneto – con una gravidanza ottenuta con questa modalità, grazie al lavoro interdisciplinare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (AOUI), che all’interno del Centro di PMA -Procreazione Medicalmente Assistita- dispone del Servizio di Oncofertilità, per la presa in carico da parte di medici oncologi e medici della riproduzione delle donne con diagnosi oncologiche in età riproduttiva.
Il primo caso, in Italia, risale al 2017. Una donna di 34 anni, al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, aveva dato alla luce un bambino a distanza di 5 anni dalla diagnosi di un linfoma non-Hodgkin, proprio grazie alla crioconservazione del tessuto ovarico.

L’importanza di preservare la fertilità prima di affrontare cure oncologiche

Si stima che una donna su 49 svilupperà un cancro tra la nascita e i 39 anni per questo la preservazione della fertilità è un fattore importante. La tecnica più utilizzata per la preservazione della fertilità dopo le terapie oncologiche è la crioconservazione degli ovociti, prelevati nel caso di ragazze mestruate che possono fare la stimolazione ovarica. Da un anno, a Verona, è stata avviata anche la tecnica più innovativa del prelievo del tessuto ovarico e il successivo reimpianto per le bambine prepubere o per le ragazze che devono avere cure oncologiche rapidamente e non possono aspettare i tempi della stimolazione ovarica. Gli interventi vengono fatti in mini-laparoscopia, non invasivi, che richiedono pochi giorni di degenza e che permettono di riprendere velocemente le altre terapie. Si tratta di un intervento complesso con strumentazione molto piccola (calibro 3,7 mm/ 4 mm) per non compromettere l’intero organo.

Nel caso della neomamma, la stimolazione del tessuto ovarico reimpiantato ha portato allo sviluppo di un solo follicolo che è stato recuperato e inseminato, ottenendo un embrione. La fecondazione assistita in vitro è stata eseguita con tecnica ICSI, che consente l’inserimento di un singolo spermatozoo all’interno dell’ovocita maturo (tale capacità è di fondamentale importanza nei casi in cui il campione seminale non possieda i criteri necessari per effettuare una FIVET). Da questo processo in poi tutto è andato bene: test di gravidanza positivo, decorso regolare, parto spontaneo e la nascita di una bimba sana.

Una storia di successo che conferma l’importanza delle tecniche di preservazione della fertilità in pazienti oncologiche che, diversamente, per effetto delle chemioterapie rischierebbero di vedere irrimediabilmente compromessa la capacità riproduttiva. Le probabilità di concludere con successo una gravidanza dopo il reimpianto di tessuto ovarico crioconservato arrivano al 40%.
Al mondo, finora, sono state registrate più di 130 nascite avvenute grazie a questa procedura. Un risultato che incoraggia le donne che si ammalano di cancro in età fertile a non rinunciare al sogno della maternità, dopo la guarigione.