Gianna Nannini, chi è il padre biologico della figlia: dopo tanti anni la dura verità
24 Gennaio 2023
Fecondazione assistita, l’assurdo divario tra Nord e Sud
24 Gennaio 2023
Gianna Nannini, chi è il padre biologico della figlia: dopo tanti anni la dura verità
24 Gennaio 2023
Fecondazione assistita, l’assurdo divario tra Nord e Sud
24 Gennaio 2023

Ucraina, nella clinica per la fecondazione assistita dove ora conservano il seme degli eroi

image_pdf

di Andrea Nicastro

Una paziente: «Se mio marito muore al fronte, potrò comunque avere dei figli da lui. Non lo vedo da febbraio». Questa settimana il Parlamento di Kiev discuterà una legge per regolamentare le nascite postume

«La generazione degli eroi non deve scomparire e noi faremo in modo che non accada». Il dottor Aleksandr Darii era abituato a trattare con coppie in cerca di un bimbo con la fecondazione in vitro o di una gestazione per altri. «Certo, abbiamo fatto nascere anche tanti nuovi italiani, ma con la guerra è cambiato tutto».

«Io e mio marito Ievgheny — dice Iaroslava, una paziente della clinica per la salute riproduttiva Icsi della capitale ucraina — non abbiamo problemi di fertilità. Per un anno, però, dall’inizio della guerra il 24 febbraio, non ci siamo praticamente più visti».

«È un problema comune a tante coppie — spiega il primario —. L’uomo è chiamato a combattere. Parte e non sa se potrà tornare o in quali condizioni. Purtroppo, i sistemi di protezione individuale con cui i soldati sono al fronte proteggono le parti vitali, la testa con il casco, cuore e organi principali con le piastre anti proiettile. Testicoli e ovaie restano fuori. Schegge, onde d’urto, pallottole, ma anche lo stress, i virus, la stessa dieta, persino il freddo eccessivo o le infezioni che possono insorgere in ambienti sporchi, dove ha il fango alle ginocchia e non puoi lavarti, possono compromettere la fertilità. Gli eroi che stanno difendendo l’Ucraina sapevano dal giorno in cui si sono arruolati che avrebbero potuto anche non tornare vivi, ma più il tempo passa, più capiscono che anche sopravvivendo, rischiano di trovarsi con ridotte capacità riproduttive».

«Me ne sono resa conto anch’io — interrompe Iaroslava — l’unica volta che mi è stato permesso di andare a trovare mio marito vicino al fronte. C’erano tanti suoi commilitoni feriti, alle gambe, all’inguine, non erano in pericolo di vita, ma piangevano al pensiero di non poter avere figli. Io non avrei problemi a rimanere incinta anche durante la guerra. Già prima di sposarci avevamo deciso che avremmo avuto 4 bambini, sappiamo già anche tutti i nomi. Ma per riuscire a concepire almeno il primo dovremmo fare l’amore, no? Invece la possibilità di vederci la decide l’offensiva di Putin e gli ordini dei comandanti». Quindi?

«Congelamento delle cellule riproduttive. Ecco la soluzione che offre la nostra clinica come moltissime altre nel Paese», spiega il dottore. «Sperma o ovociti possono venir conservati per anni. Quando la coppia decide di avere figli, sa di avere questa riserva genetica a disposizione, qualunque cosa succeda».

Anche a costo di far nascere bambini orfani di padre o di madre? Iaroslava non ha dubbi. «La Russia manda a combattere la feccia della sua società, criminali, galeotti. Noi per difendere il Paese stiamo sacrificando la nostra meglio gioventù. Il mio Ievgheny ha 27 anni, è già avvocato, intelligente, buono, con saldi principi morali. Bello anche, certo. Adesso è in Polonia ad addestrarsi con un reparto di mezzi corazzati occidentali. È ingiusto che, Dio non voglia gli succeda qualcosa, non rimanga più nulla di lui su questa terra. Se dovesse morire, non è giusto. Allora a dicembre l’ho convinto. Ha chiesto due giorni di permesso, ha fatto tutto il viaggio dal fronte sino a questa clinica e ha congelato il liquido seminale. Secondo il dottore ne abbiamo abbastanza per avere con certezza almeno due bambini. Vorrei che ce ne fosse di più».

I soldati che congelano la possibilità di una discendenza preferiscono non parlarne, ma il fenomeno è ormai così diffuso che questa settimana la Rada, il Parlamento di Kiev, discuterà una legge per regolamentare le nascite postume. Si prende esempio dalla legislazione israeliana e non ci saranno più equivoci e liti legali. Persino i nonni potrebbero avere il diritto di usare il seme congelato del figlio ucciso in guerra per avere un nipotino da una madre surrogata. Tutti i diritti di eredità e trasmissione del cognome verranno preservati.

Lo Stato aiuta finanziariamente chi vuole mettere in salvo il futuro genetico. Le spese di conservazione sono annullate e le cliniche abbassano i costi per l’inseminazione in vitro. In alcuni casi si scende dai 6mila che pagavano gli stranieri prima dell’invasione a circa mille per le vedove di guerra. In questo modo, però, le cliniche che rischiavano di chiudere senza clienti stranieri, sono riuscite a restare a galla. In Ucraina il «turismo riproduttivo» era una vera industria. Nelle prime settimane ci sono state madri surrogate che non riuscivano a consegnare il figlio alla coppia che l’aveva «ordinato» per le frontiere chiuse. Problemi che hanno tolto il sonno ad ambasciate già sovraccariche di guai.

Dall’altra parte del fronte, il dilemma appare identico. Il 28 dicembre, il ministero della Salute di Mosca ha accolto la richiesta dell’Unione degli avvocati e ha garantito la gratuità della conservazione delle fialette di spermatozoi. Evidentemente, con l’idea di un figlio futuro conservata sotto ghiaccio, la morte deve fare meno paura.

ARTICOLO PUBBLICATO SU https://www.corriere.it/esteri/