FILE - In this Thursday, Aug. 14, 2013 file photo, an in vitro fertilization embryologist works on a petri dish at the Create Health fertility clinic in south London. Single women and lesbians in France no longer would have to go abroad to get pregnant with a doctor's help under a proposed law that would give them access to medically assisted reproduction at home for the first time, it was announced Sunday, Aug. 4, 2019. A bioethics law drafted by French President Emmanuel Macron's government includes language to expand who is eligible for procedures such as artificial insemination and in vitro fertilization, or IVF. (AP Photo/Sang Tan, file)
Molte donne che ricorrono alla fecondazione eterologa, cioè la tecnica di procreazione assistita che prevede la donazione esterna di gameti (le cellule sessuali, ovuli o spermatozoi), si trovano ad affrontare la questione dell’anonimato del donatore: dare o meno ai nati la possibilità di avere accesso alle informazioni anagrafiche del donatore è una questione delicata e dibattuta, oltre che regolata in maniera diversa da paese a paese.
Anche per Giulia, donna italiana di 43 anni che cinque anni fa ha concepito sua figlia in Danimarca tramite la fecondazione eterologa, è stato complicato affrontare la questione dell’anonimato del donatore. Giulia ha raccontato che per un certo periodo si è sentita in colpa per aver scelto un donatore anonimo, di cui non sarà mai possibile conoscere l’identità: «mi è sembrato di aver scelto per mia figlia, di averle tolto un’opportunità».
In Italia, come in Spagna, i donatori sono anonimi per legge. Ma ci sono paesi, come la Danimarca, in cui è invece possibile scegliere tra donatori anonimi o non anonimi. Ci sono anche paesi – come la Svezia, la Germania o i Paesi Bassi – in cui l’anonimato è stato totalmente rimosso: significa che tutti i nati da donazione possono avere accesso alle informazioni anagrafiche della propria donatrice o del proprio donatore una volta raggiunta la maggiore età (o in alcuni casi i 16 anni). Dove l’anonimato è stato rimosso lo si è fatto anche sulla spinta delle richieste dei nati da fecondazione eterologa, che in alcuni casi hanno chiesto di poter sapere chi era il donatore o la donatrice grazie ai quali erano nati.
Per avere una figlia, Giulia è dovuta andare all’estero. In quanto single, non aveva diritto in Italia ad accedere alle tecniche di fecondazione assistita, che permettono di avere figli a chi non può averli naturalmente: per la legge italiana possono ricorrere alla fecondazione assistita solo le coppie eterosessuali, sposate o conviventi.
La storia di Giulia non è l’unica di questo tipo tra quelle raccolte dal Post, e permette di capire quanto sia complessa e delicata la questione dell’anonimato dei donatori: le norme al riguardo servono a tutelare il più possibile sia chi dona, sia la persona o la coppia che riceve la donazione, sia, naturalmente, chi nasce da quella donazione.
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