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Il coronavirus ha cambiato tutto, anche il percorso (già tortuoso) della fecondazione assistita

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Ne abbiamo parlato con il dott. Antonino Guglielmino, Presidente per l’area ginecologica della SIRU, Società
Italiana della Riproduzione Umana

Vedere il tempo che scorre senza riuscire ad afferrarlo, le stagioni che si passano il testimone dalla finestra, il mondo oltre la porta (e in altre porte) dai feed di Instagram. Tra le tante cose, la quarantena ha cambiato la concezione globale dello spazio e del tempo, ha stravolto i paradigmi vitali lasciando l’umanità intera a vivere un’esistenza verosimile racchiusa in una bolla atemporale. Ma in realtà, le lancette scorrevano e le giornate passavano, e c’è chi ha sofferto di più per il tic tac dell’orologio: le coppie che avevano intrapreso o stavano per intraprendere il di per sé complesso percorso di fecondazione assistita che hanno dovuto rimettere nel cassetto il loro sogno più grande (i trattamenti di PMA rientravano nel novero delle cure non urgenti e quindi sono stati sospesi durante il lockdown ndr). Dalla fase 2, iniziata il 12 maggio, è arrivato il via libera del Centro Nazionale Trapianti e del Registro PMA dell’Istituto Superiore di Sanità per riprendere i processi di fecondazione “in piena sicurezza”. In cosa consiste questo nuovo protocollo e soprattutto cosa cambierà?

I numeri sono chiari e descrivono lo scenario molto meglio delle parole: le cure di Procreazione Medicalmente Assistita ogni mese riguardano circa 7-8 mila coppie, il che significa circa 1.500 nascite ogni mese. Coppie che si sono sentite abbandonate durante la pandemia e che hanno vissuto con particolare sofferenza l’ansia del tempo in stand by e soprattutto la paura di perdere definitivamente la propria chance riproduttiva. Ne abbiamo parlato con il dott. Antonino Guglielmino, Presidente per l’area ginecologica della SIRU, Società Italiana della Riproduzione Umana.

Com’è strutturato il processo di fecondazione assistita post Covid-19? Sarà un protocollo temporaneo o permanente?

Il sistema è posto in sicurezza con degli adempimenti che sono messi in essere, ancora prima che la coppia arrivi di persona al centro. Il primo passo per arrivare all’accesso dei pazienti al centro prevede un percorso di pre-triage telefonico. Il contatto con la coppia avviene circa 7 giorni prima dell’accesso, vero e proprio, al centro, quando un operatore sanitario (medico o ostetrica) contatta la coppia online o per via telefonica per assistere alla compilazione di un questionario, sullo stato di salute e sui comportamenti dei pazienti (febbre, tosse, perdita di olfatto, contatti con pazienti diagnosticati COVID-19, frequentazione in ospedali per visita o per lavoro, ottenere il nome e il recapito del medico di medicina generale ect.). Il questionario di pre-triage viene precedentemente inviato, alla coppia prenotata al centro, in associazione ad un vademecum in cui sono inserite tutte le norme di comportamento consigliate per il contenimento del contagio. Alle 24-48 ore precedenti l’accesso, i pazienti sono nuovamente contattati per confermare che lo stato di salute non ha subito modificazioni e non si sono presentati sintomi da poter collegare al coronavirus.

Cosa succede invece una volta arrivati in struttura?

All’ingresso dei pazienti nella struttura, viene verificata la temperatura corporea, che deve essere inferiore a 37,5 gradi e viene misurata la saturazione di ossigeno che deve essere superiore al 90%. Ai pazienti saranno forniti tutti i dispositivi di protezione personale, mascherina, guanti, cuffia e calzari. Nella sala di attesa sono esclusi dei posti a sedere per garantire un distanziamento di sicurezza e in ogni caso gli appuntamenti sono dilazionati lungo la giornata per evitare raggruppamenti che potrebbero ridurre le distanze di sicurezza. Le attività del centro, dove possibile, sono riorganizzate in turni di 6 ore dalle 8,30 alle 14.30 edalle 15.00 alle 21.00 per garantire l’accesso al maggior numero possibile di coppie mantenendo il distanziamento ed evitando raggruppamenti. La finalità del pre-triage è quello di individuare i malati con sintomi anche lievi e ricondurli alle strutture di diagnosi e cura adeguate al caso. C’è da dire che le attività di assistenza, nella maggioranza dei centri italiani, è ripartita nella settimana compresa dal 18 al 25 maggio e una buona parte dei pazienti ha già eseguito, autonomamente, degli esami sierologici per controllare la presenza di anticorpi per il coronavirus. Fortunatamente sono stati tutti negativi. Gli ambulatori dei centri sono attrezzati con dei parafiati per proteggere pazienti e operatori durante la consultazione. Gli ambulatori vengono disinfettati dopo ogni visita o consultazione.

Viste le nuove direttive con una tempistica tutta nuova, cambierà anche il numero delle persone che potranno accedere alle cure? Dal punto di vista economico cambierà qualcosa?

Sul numero di accessi consentiti stiamo mantenendo una leggera diminuzione. I costi dei percorsi diagnostici e terapeutici sono rimasti assolutamente inalterati. Nei centri di riproduzione medicalmente assistita il vero lockdown è durato circa 3-4 settimane, quasi tutti i medici e le segreterie hanno continuato a comunicare e consultare i pazienti online, non ci sono state però: stimolazioni ovariche, prelievi ovocitari o trasferimenti embrionali.

In che modo non vi siete fermati anche durante il lockdown?

È stato possibile fare centinaia di diagnosi e preparare altrettanti percorsi terapeutici da effettuare una volta finito il lockdown. Sono state centinaia le consulenze con questa nuova modalità online. I pazienti sembrano molto più tranquilli e rilassati ad affrontare questi loro argomenti stando a casa, anzi che in un setting sanitario. Nella consulenza online, con i pazienti a casa, si creano molte occasioni per abbassare la tensione e l’ansia che vive la coppia nell’affrontare il problema della loro difficoltà ad ottenere una famiglia con figli (come definito nella sentenza della Corte Costituzionale). Si parla dei vestiti che indossano o di qualche quadro dietro le spalle o di qualche libro esposto nella libreria, di cosa stavano facendo in attesa della chiamata skype e cosa faranno dopo. In definitiva la consulenza online mi sembra più rilassata nel confronto, tra medico e pazienti, sui problemi che attengono alla capacità riproduttiva.

DI 

Pubblicato su www.elle.com/it