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«I figli si fanno nel «modo classico»: Ministra Roccella, e se il problema fosse la «retorica sulla famiglia»?

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Resto, dai sì resto in Italia a crescere mio figlio. Me ne voglio andare, l’aria è pesante. Cammino e mi sento una ciotola di vetro sulla testa, alzo gli occhi e vedo cielo, forse è per questo che resto, ho ancora la libertà di vedere. Le cose stanno che mentre mi sto preparando per portare mio figlio al parco, mi arriva un video su whatsapp, lo apro e compare la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Roccella. È inquadrata e dice: «L’unico modo per tornare a incoraggiare la natalità è anche fare una politica diversa nei confronti della famiglia perché i figli si fanno nel modo classico con un uomo e una donna che vivono insieme e che fanno famiglia». Parla di contrasto alla «politica dell’antifamiglia», lo fa durante gli Stati Generali della Basilicata: Summer School di Fratelli d’Italia. La prima cosa che mi arriva è violenza. Nel corpo si trasforma in pelle d’oca. Nella testa è un desiderio fortissimo di andare via e portare mio figlio lontano da questa cecità. Penso però che restare qui adesso per me e la mia famiglia che è composta da due mamme e un bambino è un gesto anche «politico».

Penso a Michela Murgia, che abbiamo salutato un mese fa, il 10 agosto. Ha lasciato un vuoto che ho sentito ogni giorno in questo mese. Ma che ha riempito di bellezza e insegnamenti che risuonano ogni giorno nell’aria. Che splendono insieme a lei. Il primo? Disobbedire. Penso alle parole che avrebbe detto oggi Michela Murgia in risposta alla persona che oggi in Italia riveste il ruolo di ministra della Famiglia. Lei che fino all’ultimo l’ha detto in tutto i modi «la famiglia è di tutti». E su Vanity Fair lo ha fatto con un numero diretto da lei e interamente dedicato a scardinare «la retorica sulla famiglia tradizionale come modello non modificabile» perché «Da decenni molte persone trovano in autonomia soluzioni alternative per garantirsi una qualità di relazione e una sicurezza di vita che non è più possibile raggiungere con il modello familiare previsto dalla legge attuale. Lo Stato le ignora, nel migliore dei casi, o le perseguita, come sta avvenendo con la guerra per la cancellazione delle genitorialità da Gpa o non binarie».

Provo a risponderle anch’io ministra Roccella e vorrei subito domandarle: davvero ministra Roccella pensa che il problema alla natalità siamo noi? Noi famiglie omogenitoriali che attraversiamo gli oceani per fare figli, che scegliamo con consapevolezza di diventare genitori. Noi che poi questi bambini che qui in Italia non hanno diritti, qui in questo Paese li cresciamo, li mandiamo a scuola, a musica, a pallavolo, a calcio. Li portiamo al cinema, a teatro, a fare la spesa, a vedere i treni che partono alla stazione.

Davvero ministra Roccella la sua ricetta per incentivare la natalità è «il modo classico»? Come se ci fosse una ricetta da seguire punto per punto. Le favole, quelle che come ha scritto Chiara Valerio «sono in incubo». Le stesse che in questi giorni ci rimandano storie di femminicidi, violenza in famiglia, abusi di padri e nonni su bambine piccolissime. E le famiglie composte da genitori che adottano? Quelle dove i bambini più vulnerabili vengono dati in affidamento? I genitori single? Le coppie che ricorrono alla fecondazione assistita (in Italia la maggior parte sono etero, ministra)? Le famiglie omogenitoriali?

Non pensa ministra Roccella che per sostenere la famiglia serva ben altro? Come per esempio politiche sociali che siano veramente efficaciAsili nido gratuiti e per tutti, sostegno alle madri lavoratrici e ai genitori che lavorano in generale, un congedo parentale esteso, assegni di natalità, tutela dei diritti dei bambini e delle bambine. E ancora: le parole. Si è accorta di quanto siano violente le parole che ha pronunciato, sorridendo e con quel tono di voce quasi sussurrato. Qual è il messaggio che arriva ai ragazzi e alle ragazze? Ancora una volta parole che discriminano, che tracciano una linea di confine pericolosa tra quello che è giusto e quello che non è giusto, tra chi può ritenere di essere nato in una famiglia e chi invece no.

Ma sa una cosa ministra Roccella? Noi esistiamo. E non sarà solo l’idea di rispondere alla violenza di questi slogan a farmi restare insieme ad altre migliaia di persone. In fondo, un motivo in più per restare me lo stando proprio lei.