Una speciale fecondazione in vitro ha permesso a una donna sopravvissuta al cancro di partorire
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20 Febbraio 2020La fecondazione assistita è un processo complesso e costoso con un impegno di tempo, energie fisiche ed emotive e un costo economico dell’ordine di migliaia di euro. Così fiorisce il “fai da te”. «Stiamo assistendo alla diffusione di una nuova pratica: alcune coppie e single infatti si affidano a quella che gli anglosassoni definiscono ‘home insemination’, ossia la fecondazione ottenuta con seme fresco di un donatore, spesso contattato in Rete o in appositi gruppi sui social network». Lo afferma Salvatore Sansalone, professore aggregato di Andrologia all’Università di Roma Tor Vergata, «anche se non esistono dati precisi sulle dimensioni del fenomeno».
«Online siti e gruppi – spiega – incrociano domanda e offerta tra privati, una soluzione adottata da coppie in cui lui sia infertile, donne single o coppie di donne omosessuali che possono scegliere tra centinaia di giovani uomini tra i 30 e i 40 anni. Una zona d’ombra anche dal punto di vista legale in cui nessuno è tutelato».
Ma come avviene la home insemination? C’è prima un contatto via email e poi talvolta un incontro informale, in cui il donatore che non chiede alcun compenso mostra le analisi del sangue. Se scatta la simpatia il donatore attende la chiamata della coppia o della donna che monitora l’ovulazione. Si incontrano spesso in un hotel dove lui dona in una provetta sterile il liquido seminale e lei provvede a iniettarlo con una semplice siringa a cui sia stato tolto l’ago o una pompetta, cercando di portare il contenuto il più vicino possibile al collo dell’utero e sperando che avvenga il concepimento. Non ci sono regole, è uno scambio tra privati.
Tutto bene dunque? «Mica tanto – prosegue Sansalone – quando lo scambio avviene tra privati senza la mediazione di una struttura sanitaria esiste un alto margine di rischio anche se il donatore si presenta con analisi recenti che dovrebbero certificarne la salute. Stiamo assistendo ad un aumento esponenziale di casi di malattie infettive, e spesso la documentazione dei donatori è limitata a pochi parametri del tutto insufficienti a tutelare la salute della donna e dell’eventuale nascituro».
Quali sono allora le analisi che non dovrebbero mancare? «Hiv, Hcv, Hbsag (individua la presenza di anticorpi contro il virus dell’apatite B), Vdrl e Tpha (due test di screening per la sifilide), Citomegalovirus Igg, Citomegalovirus Igm. Meglio piuttosto l’acquisto di un campione in una apposita banca che lo recapita a casa in un contenitore refrigerato, un manuale di istruzioni e il kit per l’inseminazione. Il costo varia a seconda della quantità di spermatozoi per millilitro che ovviamente ne aumentano la capacità fecondante», spiega.
Quali sono le probabilità di riuscita? «Il successo al primo tentativo è tutt’altro che ovvio, possono essere necessari più incontri, anche perché in alcuni casi la quantità di eiaculato potrebbe essere insufficiente. Ma i fattori che determinano il successo sono tanti: e vanno dall’età e la salute della donna sino alla qualità degli spermatozoi del donatore. Manca poi il criterio di sicurezza garantito dai centri specializzati che eseguono lo spermiogramma per determinare le diverse caratteristiche del seme, la ‘capacitazionè (o lavaggio) degli spermatozoi, ossia la selezione di quelli più mobili , ma anche la possibilità di eseguire una stimolazione ovarica che triplicare le percentuali di successo rispetto ai tentativi home made. Noi andrologi guardiamo con una certa preoccupazione a queste pratiche».
Articolo di Messaggero.it