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Fecondazione assistita, la diffida al Ministero: “Non approvate il decreto tariffe sulla Pma”

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Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni, invia una diffida al Ministero della Salute: “Con la riduzione del rimborso delle prestazioni i pazienti verso il privato, o all’estero” (di Filomena Gallo)

Nel nostro Paese, sempre più caratterizzato da un costante calo della natalità, mettere su famiglia è ancora un percorso ad ostacoli. Pensiamo a tutte le coppie che hanno bisogno di ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita per poter diventare genitori, costrette a scontrarsi con mille difficoltà burocratiche, regole e costi diversi da Regione a Regione.  L’accesso alla fecondazione eterologa (tecnica di fecondazione in vitro con uno o entrambi i gameti provenienti da donatore esterno), per esempio, non è uniforme in tutte le strutture pubbliche nel Paese. Prendiamo il caso della Sicilia dove questa tecnica, pur essendo consentita per legge anche nelle strutture pubbliche, è di fatto praticata solo dai centri privati perché nel pubblico non vi sono gameti disponibili da parte di donatori e se una coppia decide di andare fuori Regione non ha diritto al rimborso a carico del Servizio Sanitario Regionale.

Del resto solo nel 2017, per la prima volta, le tecniche di fecondazione assistita sono state inserite nei LEA (Livelli essenziali di assistenza), ovvero tutte quelle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket. Da allora però non è stato emanato un nomenclatore tariffario per queste tecniche e alcune indagini sono ancora escluse. I LEA non sono ancora stati aggiornati e le prestazioni di PMA a carico del SSN continuano a non essere concretamente applicabili, né in linea con i bisogni delle persone.

Una recente bozza di decreto ministeriale inviata alla Conferenza Stato Regioni, però, invece che sanare le inadempienze e le diseguaglianze esistenti, ha reso l’accesso alle cure ancora più discriminatorio, a partire dalla proposta sulle tariffe per le prestazioni di PMA (procreazione medicalmente assistita) con previsione di rimborso di circa 1.360 euro, senza peraltro neanche specificare la distinzione tra PMA omologa ed eterologa (tecniche diverse che prevedono costi diversi). Del resto, lo stesso tavolo ministeriale istituito su questo tema aveva stabilito che la tariffa minima congrua per la prestazione di PMA è pari a 2.700 euro. Ma nel decreto mancano anche le indicazioni delle effettive coperture economiche per ogni fase del procedimento di procreazione medicalmente assistita. Tutto questo comporterebbe lo spostamento dell’erogazione delle prestazioni unicamente in regime privato con il rischio che si ripresentino i fenomeni di cosiddetto “turismo procreativo” verso altri paesi UE per i quali le coppie avranno diritto a percepire l’eventuale rimborso – non potendo i centri pubblici e privati convenzionati sostenere l’erogazione della prestazione a valori inferiori al costo effettivo della stessa.

Il documento conferma poi l’esclusione delle indagini diagnostiche preimpianto sull’embrione prima del trasferimento in utero (un esame che può evitare il rischio di trasmettere al proprio figlio la malattia genetica di cui si è affetti o portatori) e non prevede rimborsi per i donatori di gameti. Omissioni che limitano l’applicazione di tecniche lecite in Italia, che continuano a non essere erogate dal SSN ma solo a carico della sanità regionale, con enormi differenze territoriali. Il risultato è una forte diseguaglianza nell’accesso alle cure e nel rispetto del diritto alla salute per tutte le coppie che ne hanno bisogno.

Per questo l’Associazione Luca Coscioni già nel 2020 con le Associazioni di pazienti che necessitano di accedere alla fecondazione assistita, aveva scritto al Ministro della Salute Roberto Speranza per segnalare tutte le inadempienze e le discriminazioni prodotte in materia di fecondazione assistita. Ora l’Associazione ha diffidato il Ministero della Salute dall’approvazione del decreto, per la parte relativa alle tariffe della fecondazione medicalmente assistita, chiedendo che il nomenclatore tariffario fecondazione sia immediatamente integrato con le indagini preimpianto; che siano previsti i rimborsi per i donatori di gameti al pari di tutti i paesi UE, dove anche  la commercializzazione di gameti e di embrioni è vietata come in Italia; che siano previste tariffe congrue per ogni singola prestazione.

Fonte Repubblica.it

Foto ansa.it