Da quando la legge 40 è stata promulgata a fine febbraio 2004 molte barriere sono cadute per via giudiziaria, divieti estremamente punitivi per chi voleva un figlio con la procreazione medicalmente assistita. Tuttavia, nonostante gli interventi giuridici che l’hanno riscritta più conforme ai diritti costituzionali, continua ad essere preclusa ai single e alle coppie dello stesso sesso.

Sin dalla sua emanazione, la legge 40 è stata al centro di una sorta di disputa tra cattolici e laici, un po’ come accadde per la legge sul divorzio. Colpisce la riflessione che riguardo alla Pma fa Assuntina Morresi, vice capo gabinetto nel Ministero Famiglia, Natalità e Pari Opportunità. Dice la Morresi su Avvenire che nonostante gli interventi di modifica della Corte costituzionale, “la legge è riuscita a mantenere la sostanza e la forza del suo impianto nell’inserire nuove tecniche riproduttive nel modello antropologico che prevede la procreazione naturale e i legami parentali che ne derivano”. I cattolici hanno molto a cuore la parola “naturale”, tranne quando si obbliga un malato terminale – che sarebbe naturale lasciar morire – a subire delle cure forzate che di naturale nulla hanno.

Ovviamente, non sto mettendo in discussione il fatto che per far nascere una nuova vita ci vuole l’unione di un uomo e una donna, di un ovocita e uno spermatozoo: è un fatto biologico inconfutabile. Ma è parimenti evidente che ciò che chiamiamo famiglia, un gruppo di persone che partecipano intimamente gli uni alle vite degli altri, è una costruzione culturale, che comprende certamente un carattere biologico, ma va molto oltre la biologia, fino al punto in cui le relazioni esperite dopo la nascita, quindi non biologiche, diventano predominanti rispetto a quelle della cosiddetta “procreazione naturale”.

Ho conosciuto un giovane uomo che da adolescente scoprì di essere stato adottato. Fece di tutto per ritrovare la sua madre biologica. Quando la trovò si trasferì da lei per iniziare – secondo la sua idea romantica di amore materno – una nuova vita con tanto più amore rispetto a quello che aveva ricevuto dalla madre adottiva. La sua esperienza fu disastrosa. Non riuscì a stabilire con lei alcun tipo di legame affettivo; un deserto di sentimenti. Scelse di tornare dalla madre adottiva.

FONTE https://www.ilfattoquotidiano.it/