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Errori della fecondazione, arriva la sentenza: “Vince il Dna”

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La fecondazione assistita non è mai stata un incubo tanto quanto per una coppia vittima di una serie di errori e bugie. Il fatto si è verificato in una clinica nel Sud della California. Un doppio errore al momento della fecondazione artificiale ha visto coinvolta una donna newyorkese di origine coreane. Lei e il marito, americani del Queens, ma di origine asiatica, per novi mesi hanno creduto di aspettare due bambine per poi scoprire di aver portato in grembo due maschietti caucasici.

Le ecografie mostravano embrioni maschili, ma medici e personale hanno mentito sostenendo si trattassero di due femmine. L’errore iniziale ha prodotto un danno economico non dichiarato dal tribunale e che ha coinvolto ben tre coppie. La prima, A.P. e Y.Z. le iniziali dei due asiatici, e altre due coppie, “proprietarie” naturali dei due embrioni. In altre parole, la donna aveva portato in grembo per nove mesi due bambini, di due mamme diverse, per poi dover restituire i piccoli alle rispettive donne, in seguito ad un’udienza che i media locali hanno definito “drammatica”.

La coppia coreana ha fatto causa alla clinica raggiungendo un accordo per un risarcimento che non è stato reso pubblico. Il principio che il Dna viene prima di tutto è quanto sostenuto dal giudice che ha riconsegnato alle due donne i bambini impiantati come embrioni, per errore, alla terza donna. Tutta la procedura era costata centomila dollari, quasi 92 mila euro.

Anni Manukyan e il marito Ashot, come riportato dal quotidiano inglese Daily Mail, sono una delle due coppie a cui appartenevano gli otto embrioni impiantati per sbaglio nell’utero della aspirante madre newyorkese.

Nel 2018 Anni, la donna di origini coreane e un’altra donna avevano raggiunto la clinica nello stesso giorno per sottoporsi alla fecondazione assistita. Ognuna, per errore, aveva ricevuto l’embrione di un’altra e pare sia coinvolta anche una quarta donna destinataria dell’embrione di Anni. La fecondazione era andata a buon fine solo per la coppia asiatica, fino a marzo 2019, quando la clinica ha dovuto chiamare per confermare la nascita dei bambini.

Anni Manukyan ha ammesso al quotidiano di pregare ogni giorno per la donna che ha dato alla luce suo figlio: “Ha portato mio figlio per nove mesi, gli ha dato da mangiare, si è presa cura di lui, gli ha cambiato i pannolini. Sarebbe potuta finire diversamente. Prego per lei ogni giorno, è stata vittima tanto quanto me. È una signora adorabile. Ha cresciuto il mio bambino dentro di sé e dopo la sua nascita”.